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Al Teatro 7 OFF “Non rubateci i sogni”

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Di Simona Rubeis

In un contesto umano fatto di individualità differenti, uomini e donne con paure, difetti, fragilità emotive ed esperienze passate non sempre specchiate, c’è il rischio di cedere alla rassegnazione. Ma il desiderio di marciare verso il riscatto, con tutti i limiti del caso, può diventare la stella polare di una esistenza apparentemente già segnata.

È quanto si percepisce in «Non rubateci i sogni», spettacolo allestito sulle tavole del Teatro 7 Off e scelto dal direttore artistico Michele La Ginestra per traghettare lo spettatore verso il nuovo anno.

Il testo, scritto e diretto da Bernardino De Bernardis, anche in scena nei panni di don Angelo, affronta un argomento serio e delicato con il tatto e la prudente levità che la tematica richiede.

Un sacerdote partenopeo, tendente al pavido, ritorna a Napoli dopo una lunga esperienza al nord e si trova immediatamente spiazzato da ciò che gli presenta davanti: la sua chiesa è temporaneamente spostata in un teatro confiscato alla malavita, la perpetua Assunta è piuttosto ostile ed i giovani che gravano nell’area manifestano problemi su problemi. Su tutto troneggia la mano della camorra che, intenzionata a riprendersi lo spazio “usurpato” per erigervi un centro commerciale, si palesa continuamente nella figura del piccolo delinquente protetto dal boss-padre-don Peppino Improta. Ma chi è don Peppino? Perché il suo nome disturba l’ambiente?

Don Angelo è disorientato e si chiede se la decisione di chiedere il rientro nella sua città sia stata la scelta giusta, ma non ha il tempo per fare altre valutazione perché le vicende umane e personali dei ragazzi del quartiere lo risucchiano. Nonostante l’esitazione iniziale, si lascia coinvolgere al punto tale da divenire un riferimento per l’eterogeneo gruppetto.  

Fra equivoci, battute, gag e beffe di varia natura, si snoda una trama che fa proprio di quel teatro-parrocchia il simbolo di una lotta di più ampio raggio, all’interno di una città piena di contraddizioni fra violenza e generosità. Ed è lì che la comitiva decide di inscenare la propria battaglia, con una occupazione contro logica del denaro e l’allestimento di un lavoro al quale, probabilmente per paura, nessuno assisterà.

Il titolo già di per sé è una incitazione ad osteggiare una condizione sociale complicata, dove anche seguire la propria traiettoria, fatta di aspirazioni ed ambizioni, può essere considerato un affronto. Nessuno è perfetto, molti dei personaggi hanno commesso errori pesanti, la precarietà psicologica avvolge più o meno tutti. Ma questa indulgenza verso la fragilità umana è la chiave di lettura che sottende l’invito a non arrendersi, a seguire le inclinazioni anche quando tutto induce ad omologarsi, a lasciarsi andare in un triste gioco al ribasso.

Lo slogan scelto per l’atto di ribellione, “Non rubateci i sogni” per l’appunto, diventa un appello simbolico per provare ad ambire ad una vita diversa, anche laddove sembra impossibile uscire dal tracciato.

Il taglio linguistico scelto per la commedia restituisce i colori e di odori di Napoli con le sue molteplici sfumature. La materia è forte, ma la cifra stilistica è quella che il Teatro 7 Off eredita dal Teatro 7 e che maneggia con agilità: le tematiche serie vengono approcciate con un linguaggio leggero, intervallando le battute a massime poetiche. L’ironia, il sarcasmo ed una tenue venatura di poesia si intrecciano accompagnando lo spettatore verso una forma intrattenimento puro, non privo di messaggi da portare a casa.