Verso una Roma più giusta: la missione della Chiesa per i più fragili
Ha la Chiesa qualcosa da offrire alle povertà di Roma? Con questa domanda, diretta e profonda, Mons. Baldo Reina, neo vicario generale per la diocesi di Roma, ha aperto l’assemblea diocesana nella Basilica di San Giovanni in Laterano, davanti a Papa Francesco e alle principali autorità cittadine.
L’evento ha posto al centro dell’attenzione le tante facce della povertà che affliggono la Capitale: povertà educativa, povertà sanitaria, povertà abitativa, ma anche una diffusa povertà lavorativa, segnata da lavori precari, scarsa occupazione e retribuzioni insufficienti. Un quadro complesso che la Chiesa, come ha evidenziato Mons. Reina, non può ignorare, invitando ogni fedele a riflettere su come poter essere presenza viva e operante.
Le diverse forme di povertà
La povertà che affligge Roma non è solo materiale, ma anche culturale e sociale. C’è una povertà educativa che priva giovani e adulti delle risorse per costruire il proprio futuro e vivere una vita dignitosa. La povertà sanitaria è un altro dramma, con cure difficili da ottenere e un sistema spesso inadeguato a garantire assistenza a tutti. A tutto ciò si aggiunge l’emergenza abitativa, con famiglie che vivono in condizioni precarie e insicure. Ma forse la povertà più diffusa e insidiosa è quella lavorativa: un lavoro che non c’è o è mal retribuito, che priva le persone della dignità e della stabilità necessarie.
Queste povertà materiali sono acuite da una crescente solitudine, da un’indifferenza che è diventata parte del clima culturale che respiriamo. Un grido di dolore si alza ogni giorno dalle strade e dai quartieri più fragili della capitale, un grido che Mons. Reina ha detto “non può lasciarci indifferenti”, esortando a una consapevolezza simile a quella richiamata nella parabola del Buon Samaritano. Non possiamo voltare le spalle, ha sottolineato, senza che questo ci tocchi nel profondo.
Un appello all’azione condivisa
“Questa città è il luogo in cui siamo chiamati ad annunciare il Vangelo”, ha detto il Vicario Generale. La vocazione della Chiesa non è solo spirituale, ma si traduce in una responsabilità concreta verso la società. Ogni cittadino, e in particolare ogni cristiano, è chiamato a riconoscere queste povertà come parte dei propri impegni e a rispondere con compassione e solidarietà. Solo attraverso la collaborazione con le istituzioni, le associazioni e gli abitanti si può sperare di portare cambiamento.
L’incontro con il Santo Padre, allora, è un momento simbolico ma anche pratico: la Chiesa e le istituzioni cittadine devono lavorare insieme, facendo della solidarietà un progetto condiviso. Mons. Reina ha sottolineato che la speranza può crescere se si coltivano momenti di incontro e confronto, favorendo iniziative concrete per chi è ai margini. “Quando si lavora insieme si riesce a seminare speranza”, ha affermato il futuro Cardinale.
Semi di speranza: il contributo della Chiesa e dei volontari
Tra le molte vie di Roma si nascondono tanti semi di speranza. Sono i volontari che, giorno dopo giorno, preparano pasti caldi, ascoltano chi è solo e rispondono alle necessità di chi è rimasto indietro. Sono persone che, con gesti concreti, mostrano il volto accogliente della Chiesa e donano un po’ di sollievo a chi vive nell’ombra. La rete di carità attiva nelle parrocchie, la presenza dei centri di ascolto, delle mense e delle opere sociali è una risposta tangibile, un modo per far sentire alle persone in difficoltà che non sono sole.